venerdì 25 settembre 2009

CHEESE 2009: LA BIODIVERSITA’…IN TUTTE LE FORME

Di Mariarosaria Russo
Si presentano come un fiume in piena le vie del centro storico di Bra, cittadina gioiello del cuneese, nei giorni in cui ha preso vita la settima edizione di Cheese, rassegna europea del formaggio di qualità, e a scorrere sono visi, quelli di uomini – donne – bambini, con un unico carattere comune: la diversità. Il tema della manifestazione è “semplicemente” il formaggio, ma si rimane piacevolmente sorpresi nello scoprire che in realtà ci si è immersi in un caleidoscopico scenario, tra stand di produttori e appuntamenti, che coinvolge i sensi, nessuno escluso, e che “causa” di quello che ci piace chiamare “effetto Cheese” è la biodiversità, quella che si esplicita nelle innumerevoli forme del latte. In effetti dal punto di vista nutrizionistico si fa presto a chiarire la questione: proteine e grassi (in qualche caso il lattosio che si presenta timido) sono i macronutrienti, nulla più, ma allora come è possibile che ci si emozioni ad ogni passo in modo diverso, come è possibile che avvicinando al naso e portando alla bocca un pezzettino di formaggio si scateni una reazione simile al riavvolgimento di un nastro e che la mente metta a fuoco immagini del tipo: formaggio – uomo, quello “artigiano” – caglio – latte – animale – stalla e pascolo - fieno ed erba – territorio – e che il tutto ci riconduca poi ad un invisibile filo conduttore che dal principio alla fine conferisce il carattere: la microflora, quella autoctona? Si assaggia la storia a Bra, ci si avvicina al formaggio guardando le mani sapienti e gli occhi profondi e maturi di chi lo ha fatto, di chi conserva e cerca di tramandare, difendendola, una cultura dai saperi antichi, una cultura di tradizione, una cultura da tempi remoti in viaggio tra padri e figli. Allora è chiaro che “mangiare è un atto agricolo”, è chiaro il rapporto che unisce Natura e Cultura, è chiaro che quelle proteine e quei grassi hanno un’unica chiave di lettura: piacere – convivialità – identità. Ci siamo stati anche noi a Cheese e l’impegno che con passione condivisa abbiamo cercato di portare avanti è stato quello di fare arrivare la voce dei nostri produttori, quelli della nostra Campania, che da sempre si impegnano nel presentare “dentro ogni loro prodotto” il territorio che gli dà origine, quell’impronta che rende diverso un formaggio da un altro, frutto in ogni caso anche della Biodiversità umana. Quattro giornate con nel piatto e nel bicchiere le ricchezze dei territori della Penisola Sorrentina e la provincia di Napoli, il Cilento e Vallo di Diano, il Sannio e l’Irpinia, la provincia di Caserta. Abbiamo cercato di regalare, attraverso i nostri racconti, le immagini dei nostri territori e la soddisfazione è giunta insieme all’appagamento letto sul viso di chi ha goduto di cotanta “complessità”, attraverso un uso educato e consapevole dei sensi. Educazione, tutela, difesa, in piena linea con la filosofia Slow Food, sono stati i cardini del nostro impegno perché i produttori, gli allevatori, i contadini sono una ricchezza che non possiamo permetterci di perdere e sono il futuro in cui crediamo. E mentre passeggiavamo, anche noi divenuti parte del sistema della biodiversità, arricchiti di tutte le storie ascoltate che precedevano ogni assaggio, una domanda si è fatta timidamente strada: ma senza i produttori esisterebbe tutto questo? Esisterebbe Cheese senza quei visi in cui il tempo ed il lavoro ha impresso il suo segno incancellabile? La risposta è all’apparenza scontata, in realtà si snoda tra i meandri del nostro agire quotidiano.

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